Burocrazia in retromarcia: la mancata digitalizzazione della PA

di Giuseppe Aquino, 31 agosto 2016

La Pubblica Amministrazione italiana spesso è vittima di pregiudizi e luoghi comuni, la burocrazia infatti viene spesso descritta come farraginosa e antiquata. Ci si immagina i dipendenti pubblici sommersi da carte e montagne di scartoffie, oppure le code eterne di fronte agli sportelli pubblici sperando di essere nell’ufficio giusto per non dover (ri)fare il temuto “giro delle sette chiese” tra le varie amministrazioni o i vari uffici.

In realtà molto è stato fatto a partire dai primi anni del nuovo millennio, in tutti i settori, dalla sanità all’università, dall’apertura di un’attività produttiva fino alla pensione, ha avuto luogo una rivoluzione poco visibile ai non addetti ai lavori o agli osservatori poco attenti. Solo negli ultimi anni, questa rivoluzione continua è entrata letteralmente nelle nostre case grazie agli spot televisivi che ci hanno mostrato un nuovo mondo fatto di digital champions, scuole digitali e pagamenti elettronici.

Un lettore attento potrebbe avere avuto sentore di questo cambiamento anche grazie ai libri di Andrea Camilleri; nei primi romanzi che vedono protagonista il commissario Montalbano la digitalizzazione della PA, in particolare degli Enti Locali e della Polizia di Stato, è una costante presenza sullo sfondo delle vicende narrate.

Per quanto riguarda aspetti più comuni della vita di tutti i giorni,  possiamo  invece  citare  piccoli  ma  significativi cambiamenti, senza dover scomodare grandi nomi della letteratura: il libretto universitario online, il fascicolo sanitario elettronico, la pubblicazione su internet dell’albo pretorio o degli esiti dei concorsi pubblici e così via fino all’avvio di un’impresa in maniera totalmente digitale e telematizzata, sono infatti piccoli cambiamenti entrati nelle nostre vite da qualche anno.

Inoltre, in Italia è presente una normativa molto avanzata e pienamente conforme alla direttive dell’Unione Europea: il D.Lgs. n. 82, conosciuto anche come il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD). Il CAD prevede infatti delle norme riguardanti sia i principi generali che altri aspetti più specifici legati alla digitalizzazione dei procedimenti. In particolare nel capo primo “Principi Generali” vengono enunciati importanti concetti, riportati di seguito.

1)      Diritto all’uso delle tecnologie: “I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni” (art. 3 comma 1)

2)      Norme  generali  per  l’uso  delle  tecnologie  dell’informazione  e  delle  comunicazioni  nell’azione  amministrativa: “Le pubbliche amministrazioni nell’organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per la garanzia dei diritti dei cittadini e delle imprese” (art. 12, comma 1)

3)      Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche (art. 5)

4)      Digitalizzazione e riorganizzazione (art. 15)

Entrando maggiormente nel dettaglio del CAD ed analizzando la parte più specifica della normativa, notiamo in particolare che il primo comma dell’art. 20 “Documento informatico” specifica che “Il documento informatico da chiunque formato, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice”. Mentre l’art. 40 “Formazione di documenti informatici” specifica che “Le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche”.

Gli esempi e gli articoli fin qui riportati, senza citare tutte le iniziative legate all’Agenda Digitale Italiana, descrivono una PA moderna, digitale ed efficiente.

Tuttavia evitando i luoghi comuni ma andando oltre quanto descritto da una normativa non sempre rispettata dalle diverse PA, è innegabile che la situazione reale sia molto diversa dall’idilliaco quadro mostrato.

In alcuni precedenti articoli si è parlato dei problemi legati all’avvio dei Pagamenti Elettronici o alla digitalizzazione degli Sportelli Unici. Un altro problema legato alla digitalizzazione della PA riguarda invece l’art. 40 del CAD e le regole tecniche del documento informatico: affinché l’articolo abbia efficacia, tali specifiche devono essere individuate e descritte.

Le regole tecniche sono state individuate dal DPCM 13 novembre 2014. In particolare gli allegati del DPCM descrivono regole e specifiche tecniche, formati e modalità di archiviazione e conservazione dei documenti.  L’art. 9 ribadisce inoltre che le PA devono formare gli originali dei propri documenti attraverso gli strumenti informatici. Le disposizioni finali (art. 17) invece danno dei termini precisi:

  • Il presente decreto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. (comma 1)
  • Le pubbliche amministrazioni adeguano i propri sistemi di gestione informatica dei documenti entro e non oltre diciotto mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. Fino al completamento di tale processo possono essere applicate le previgenti regole tecniche. Decorso tale termine si applicano le presenti regole tecniche.  (comma 2).

Sostanzialmente dal 12 agosto 2016, data in cui doveva scadere il termine di adeguamento, tutte le Amministrazioni avrebbero dovuto dire letteralmente addio alla carta (come titolato da diversi giornali) e formare gli originali dei propri documenti in modalità telematica. La carta avrebbe dovuto scomparire per lasciare spazio a file-pratiche generate da portali telematici, inoltrati via PEC e/o sottoscritti digitalmente (formato .p7m). Si sarebbe dovuto assistere alla completa digitalizzazione della PA, quindi anche quelle Amministrazioni che non avevano un obbligo specifico di adottare le tecnologie informatiche, ad esempio gli Sportelli Unici per l’Edilizia (SUE), avrebbero dovuto digitalizzarsi adeguandosi alla nuova normativa cambiando le proprie modalità organizzative, in particolare per quanto riguarda il ricevimento e l’inoltro delle pratiche.

Tuttavia qualcosa non è andato come doveva, la Commissione Affari Costituzionali ha infatti dato parere positivo al Decreto che modifica il CAD, specificando però al punto 17 che “al fine di garantire l’aggiornamento delle regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici, si disponga la sospensione dell’efficacia del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014 per un tempo congruo all’emanazione di nuove regole tecniche pienamente conformi alle disposizioni del Codice

Rinviando così a tempo indefinito l’entrata in vigore delle regole tecniche, sospendendo quindi gli effetti del sopracitato art. 40 del CAD. Assistiamo quindi ad una retromarcia della Burocrazia che non dovrà ancora dire addio alla carta e che rinuncia alla spinta definitiva verso l’innovazione ed il cambiamento organizzativo.

Ovviamente sono necessarie alcune palesi considerazioni.

Era infatti impensabile che tutte le PA (soprattutto gli Enti Locali vittime di una crisi senza precedenti che li ha privati delle risorse finanziarie, umane, strutturali e tecnologiche) si adeguassero al termine del 12 agosto 2016, considerata anche la mancanza di sanzioni specifiche.

Inoltre è impensabile fare una rivoluzione a costo zero, calando una norma dall’alto obbligando tutte le PA ad adeguarsi perentoriamente senza fornire nessun supporto, sperando che tale intervento possa risultare efficace. Il cambiamento organizzativo ha sempre un costo.

Dall’altra parte, ritrattare e ritornare sui propri passi comporta una perdita di credibilità e si rafforza il messaggio negativo dato alle PA: prima viene richiesto un compito sostanzialmente impossibile senza fornire alcun supporto o aiuto e poi, dopo essersene resi conto, si fa retromarcia dicendo “abbiamo scherzato e non cambia più nulla”!

L’intero intervento avrebbe dovuto prevedere un minimo stanziamento di risorse quali formazione, hardware e software alle Amministrazioni Pubbliche. Se le risorse necessarie non erano disponibili alla pubblicazione del DPCM, si sarebbero dovuti prevedere termini meno stringenti e/o un periodo di transizione fornendo comunque un minimo supporto alle PA.

Non ha senso piangere sul latte versato e non potendo tornare indietro nel tempo, si può solo auspicare che i policy makers imparino da questa esperienza e non replichino nel tempo gli errori commessi.

 

L’inferno è pieno di buone intenzioni e proponimenti” (San Bernardo da Chiaravalle)

Giuseppe Aquino